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  1. Jan 2022
    1. Per qualche secondo, Livio la guardò tornare alla sua fila pensando al tempo che passava, alla memoria che lo tradiva, alla vita che non avrebbe mai più riavuto. Poi si scosse di dosso quel brutto pensiero come un cane che si scrolli via l’acqua dal pelo e tornò ai suoi studenti.

      La capacità dell' uomo di continuare a farsi forza, di andare avanti, quell' indomabile istinto di sopravvivenza. Orwell dice che di fronte al dolore non esistono eroi. Il solo gesto di scacciare con la mente i ricordi di una vita che non si riavrà provando un enorme dolore solo per dare speranza a coloro che verranno... Non è già solo questo un atto eroico?

    2. Ma cosa speri?» lo rimproverava il suo amico Víctor. «Pensi davvero che un leader di questi nuovi partiti del cazzo sia disposto a suicidarsi politicamente soltanto perché la tua causa è giusta?» «Ma non è solo giusta…» ribatteva Livio, retorico come si può esserlo soltanto a vent’anni. «Ne va del futuro della razza umana.» «Ah, bella razza, visti i disastri che abbiamo combinato…

      In questo passo è possibile vedere a confronto le due facce dell' essere umano di oggi. Da una parte coloro che ancora credono, sperano, lottano e sognano, dall'altra coloro che sono disillusi, che non credono più niente, corrosi dal pessimismo. Ieri come oggi, la situazione non cambia, esistono gli uni e gli altri e nessuno sa dire chi dei due sia nel giusto. In qualche modo, questa ciclicità della vita, è disarmante e spaventosa

    1. Però, ripensandoci, non era proprio sicura. Forse la storia del fico traditore l’aveva letta su qualche libro o l’aveva sognata. Spesso i ricordi si impastavano con le cose scritte e con i sogni, e anche quelli di cui era certa, con il tempo, si stingevano come acquerelli in un bicchiere d’acqua. Ripensò a Palermo. Al loro appartamento da cui si vedeva un ufficio pieno di gente davanti agli schermi. Ricordava cose insignificanti. La scacchiera bianca e nera delle mattonelle del salotto. Il tavolo della cucina con il buco dove si infilava una mazza che serviva a tirare la pasta. Lo stendino dei panni con gli angoli arrugginiti. Però non ricordava piú le facce di nonno Vito e di nonna Mena. In verità tutte le facce dei Grandi stavano svanendo, soffocate dai giorni

      Questa parte del racconto in particolare, mi ha fatto stringere il cuore. Pur essendo un dato di fatto che i ricordi con il tempo finiscano per annebbiarsi, resta inconcepibile per me l'idea che, talvolta, quelli importanti, come i volti delle persone, si perdano più facilmente di attimi fugaci che non hanno alcuna rilevanza. Inconcepibile, certo, ma comprensibile. Ci costringe a ricordare il trauma della perdita. Dal mio punto di vista, la mente non fa altro che mettere in moto quel meccanismo di "rimozione" di cui parla S. Freud, che tenta di proteggerci eliminando ricordi troppo dolorosi. In questo caso risulta così scontato da togliere il fiato.