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  1. Jul 2019
    1. Scriptum quippe est:In omnibus his non peccavit Iob labiis suis(Gb1, 22). Et quidem quaedam verba responsionum illius imperitis lectoribus aspera resonant, quia sanctorum dicta pie intelligere, sicut dicuntur, ignorant; et quia animum dolentis et iusti in semetipsis assumere nesciunt, ideo doloris verba bene interpretari non possunt. Mentem quippe patientis bene pensare novit condescensio passionis.

      Nella praefatio dei Moralia in Iob il commento di Gregorio al libro di Giobbe non è ancora sistematico e ciò è testimoniato anche da questo passaggio. Qui il pontefice si serve di un versetto biblico solo per convalidare le tesi precedentemente presentate e, in particolare, quella per cui il Signore fa sì che nella tentazione i meriti di Giobbe crescano. Nel versetto si dice che Giobbe non peccò con le sue labbra ma ciò, secondo Gregorio, può essere compreso solo da chi interpreta correttamente alcune sue risposte particolarmente aspre. La citazione, infatti, è seguita da una breve raccomandazione esplicitamente indirizzata ai lettori e, implicitamente, anche allo stesso Gregorio: per interpretare correttamente alcune espressioni pronunciate da Giobbe, è necessario farlo con la stessa pietà (pie) con la quale sono state pronunciate. A ciò si collega la prima occorrenza, nei Moralia, del termine condescensio, che in questo caso indica la capacità di mettersi sullo stesso piano di chi soffre per comprenderne lo stato d’animo. Tale operazione è, secondo Gregorio, fondamentale per la corretta esegesi del libro di Giobbe ed è lui stesso a compierla, come del resto aveva già preannunciato nell’epistola dedicatoria quando aveva ricondotto al piano provvidenziale divino il fatto che lui stesso, al pari di Giobbe, era stato colpito dalle sventure. (Ad Leandrum, 5, PL 75, 515C) Egli, inoltre, sembra nella stessa lettera esprimere la medesima idea di condescensio riferendola, a differenza del presente caso, alla praedicatio, senza tuttavia utilizzare direttamente il termine qui presente per la prima volta. (Ibid., 3, 513C).