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- Jun 2020
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considerando quanto segue: (1) Requisiti prudenziali solidi sono parte integrante delle condizioni regolamentari in base alle quali gli enti finanziari forniscono servizi nell’Unione. Le imprese di investimento, insieme agli enti creditizi, sono soggette al regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e alla direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) per quanto riguarda il trattamento e la vigilanza prudenziali, mentre la loro autorizzazione e altri requisiti in materia di organizzazione e di norme di comportamento sono stabiliti dalla direttiva 2014/65/UE del Parlamento e del Consiglio (6). (2) I vigenti regimi prudenziali previsti dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE sono basati in larga misura sulle successive versioni delle norme di regolamentazione internazionali stabilite per i grandi gruppi bancari dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, affrontano solo parzialmente i rischi specifici connessi alle diverse attività di un gran numero di imprese di investimento. Le vulnerabilità e i rischi specifici propri di tali imprese di investimento dovrebbero pertanto essere appositamente affrontati tramite meccanismi prudenziali adeguati e proporzionati a livello dell’Unione. (3) I rischi ai quali le imprese di investimento sono esposte e ai quali a loro volta esse espongono i loro clienti e — più in generale — i mercati in cui operano dipendono dal tipo e dal volume delle attività svolte, come pure dal fatto che le imprese di investimento agiscano in qualità di agenti per i loro clienti e non siano parti coinvolte nelle risultanti operazioni o agiscano a proprio nome nelle negoziazioni. (4) Requisiti prudenziali solidi dovrebbero assicurare una gestione delle imprese di investimento ordinata e nel migliore interesse dei clienti. Essi dovrebbero tener conto della possibilità che le imprese di investimento e i loro clienti si espongano a rischi eccessivi e dei diversi gradi di rischio assunto e posto dalle imprese di investimento. Allo stesso modo, i requisiti prudenziali dovrebbero mirare a evitare di imporre indebiti oneri amministrativi alle imprese di investimento. (5) Molti dei requisiti prudenziali che derivano dal quadro stabilito dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE sono stati concepiti per far fronte ai rischi cui sono comunemente esposti gli enti creditizi. Di conseguenza, i vigenti requisiti sono in larga misura calibrati per preservare la capacità di prestito degli enti creditizi nelle varie fasi del ciclo economico e tutelare i depositanti e i contribuenti nell’eventualità di fallimenti, e non sono concepiti per rispondere a tutti i vari profili di rischio delle imprese di investimento. Le imprese di investimento non detengono grandi portafogli di prestiti al dettaglio e societari e non raccolgono depositi. La probabilità che un loro fallimento possa avere un impatto negativo sulla stabilità finanziaria globale è inferiore che nel caso degli enti creditizi. I rischi ai quali sono esposte la maggior parte delle imprese di investimento e che esse stesse pongono sono quindi sostanzialmente diversi da quelli assunti e posti dagli enti creditizi e tali differenze dovrebbero trovare un chiaro riscontro nel quadro prudenziale dell’Unione. (6) I requisiti prudenziali previsti dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE cui sono soggette le imprese di investimento sono basati su quelli degli enti creditizi. Le imprese di investimento il cui ambito di applicazione dell’autorizzazione è limitato a specifici servizi di investimento che non sono interessati dall’attuale quadro prudenziale sono soggette a numerose esenzioni da tali requisiti. Tali esenzioni riconoscono che i rischi cui sono esposte tali imprese di investimento sono di natura diversa rispetto a quelli cui sono esposti gli enti creditizi. Le imprese di investimento che svolgono attività interessate dall’attuale quadro prudenziale e che comportano la negoziazione di strumenti finanziari su base limitata sono soggette ai corrispondenti requisiti del quadro in termini di capitale, ma possono beneficiare di esenzioni in altri ambiti, ad esempio liquidità, grandi esposizioni e leva finanziaria. Le imprese di investimento il cui ambito di applicazione dell’autorizzazione non è soggetto a tali limitazioni sono soggette agli stessi requisiti prudenziali degli enti creditizi. (7) La negoziazione di strumenti finanziari, sia essa a fini di gestione del rischio, copertura o gestione della liquidità o ai fini dell’adozione di posizioni direzionali sul valore degli strumenti nel tempo, è un’attività che può essere esercitata sia dagli enti creditizi che dalle imprese di investimento autorizzati a negoziare per conto proprio ed è già disciplinata dal quadro prudenziale del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE. Al fine di evitare una disparità di condizioni che potrebbe dar luogo ad arbitraggio regolamentare tra gli enti creditizi e le imprese di investimento in questo settore, i requisiti di fondi propri derivanti dalle norme che riguardano il rischio dovrebbero pertanto continuare ad applicarsi anche a dette imprese di investimento. Le norme disciplinano anche le esposizioni di tali imprese di investimento verso le loro controparti di negoziazione in operazioni specifiche e i corrispondenti requisiti di fondi propri, che dovrebbero pertanto continuare ad applicarsi alle imprese di investimento in modo semplificato. Infine, le norme sulle grandi esposizioni del quadro prudenziale attuale sono pertinenti anche quando le esposizioni da negoziazione di tali imprese di investimento verso determinate controparti sono particolarmente rilevanti e generano quindi per un’impresa di investimento una fonte di rischio eccessivamente concentrata derivante dal default della controparte. Tali norme dovrebbero pertanto continuare ad applicarsi alle imprese di investimento in modo semplificato. (8) Le differenze nell’applicazione del quadro prudenziale vigente nei diversi Stati membri rischiano di compromettere la parità di condizioni per le imprese di investimento all’interno dell’Unione. Queste differenze derivano dalla complessità generale dell’applicazione del quadro a imprese di investimento diverse sulla base dei servizi che esse forniscono, per cui alcune autorità nazionali adeguano o semplificano tale applicazione nel diritto o nella prassi nazionale. Poiché il quadro prudenziale vigente non prende in considerazione tutti i rischi cui sono esposte alcune categorie di imprese di investimento e che esse stesse pongono, in alcuni Stati membri a determinate imprese di investimento sono state applicate grandi maggiorazioni di capitale. Al fine di assicurare l’armonizzazione della vigilanza prudenziale delle imprese di investimento in tutta l’Unione, dovrebbero essere stabilite disposizioni uniformi che facciano fronte a tali rischi. (9) Occorre pertanto un regime prudenziale specifico per le imprese di investimento che non sono sistemiche in virtù delle loro dimensioni e interconnessioni con altri attori finanziari ed economici. Le imprese di investimento sistemiche tuttavia dovrebbero continuare a essere soggette al vigente quadro prudenziale stabilito dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE. Esse rappresentano un sottoinsieme delle imprese di investimento cui si applica attualmente il quadro stabilito dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE e che non godono di esenzioni specifiche dai principali obblighi. Le imprese di investimento più grandi e più interconnesse hanno modelli imprenditoriali e profili di rischio simili a quelli degli enti creditizi significativi. Esse forniscono servizi analoghi a quelli bancari e sottoscrivono rischi su grande scala. Inoltre, le imprese di investimento sistemiche hanno dimensioni, modelli imprenditoriali e profili di rischio tali da rappresentare una minaccia per la stabilità e il corretto funzionamento dei mercati finanziari, al pari dei grandi enti creditizi. È pertanto opportuno che tali imprese di investimento restino soggette alle norme di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36/UE. (10) Il regime prudenziale specifico per le imprese di investimento che, in virtù delle loro dimensioni e delle interconnessioni con altri attori finanziari ed economici, non sono considerate sistemiche dovrebbe riguardare le specifiche pratiche commerciali dei diversi tipi di imprese di investimento. Le imprese di investimento con la massima possibilità di generare rischi per i clienti, i mercati o il funzionamento ordinato delle stesse imprese di investimento dovrebbero in particolare essere soggette a requisiti prudenziali chiari ed efficaci modulati in base ai rischi specifici. Detti requisiti prudenziali dovrebbero essere calibrati in modo proporzionato al tipo di impresa di investimento, ai migliori interessi dei clienti dello specifico tipo di impresa di investimento e alla promozione del regolare e ordinato funzionamento dei mercati in cui opera tale tipo di impresa di investimento. Essi dovrebbero attenuare le aree di rischio individuate e contribuire a garantire che, in caso di fallimento di un’impresa di investimento, questa possa essere liquidata in maniera ordinata con perturbazioni minime della stabilità dei mercati finanziari. (11) Il regime previsto dal presente regolamento non dovrebbe pregiudicare gli obblighi dei market maker designati nelle sedi di negoziazione in conformità della direttiva 2014/65/UE di fornire quotazioni e di essere presenti sul mercato su base continuativa. (12) Il regime prudenziale per le imprese di investimento che, in virtù delle loro dimensioni e delle interconnessioni con altri attori finanziari ed economici, non sono considerate sistemiche dovrebbe applicarsi a ciascuna impresa di investimento su base individuale. Tuttavia, per facilitare l’applicazione dei requisiti prudenziali per le imprese di investimento nell’Unione facenti parte di gruppi bancari ed evitare così di perturbare taluni modelli imprenditoriali i cui rischi sono già coperti dall’applicazione delle norme prudenziali, è auspicabile consentire alle imprese di investimento di applicare i requisiti del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE ove opportuno, previa approvazione delle autorità competenti, purché la loro decisione non sia dettata da finalità di arbitraggio regolamentare. Inoltre, dal momento che i rischi cui sono esposte le imprese di investimento piccole e non interconnesse sono in gran parte limitati, a tali imprese dovrebbe essere consentito di beneficiare di un’esenzione dai requisiti prudenziali specifici per le imprese di investimento se fanno parte di un gruppo bancario o di un gruppo di imprese di investimento avente sede e soggetto a vigilanza consolidata a norma del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE oppure del presente regolamento e della direttiva (UE) 2019/2034 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), a seconda dei casi, nello stesso Stato membro, poiché in questi casi tali rischi dovrebbero essere adeguatamente coperti dai quadri prudenziali. Al fine di rispecchiare l’attuale trattamento dei gruppi di imprese di investimento in virtù del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE, per i gruppi costituiti esclusivamente da imprese di investimento o qualora non si applichi il consolidamento a norma del regolamento (UE) n. 575/2013, all’impresa madre di tali gruppi dovrebbe essere imposto di conformarsi ai requisiti di cui al presente regolamento sulla base della situazione consolidata del gruppo. In alternativa, invece del consolidamento prudenziale, se tali gruppi di imprese di investimento rispecchiano strutture e profili di rischio più semplici, le autorità competenti possono autorizzare le imprese madri del gruppo a disporre di capitale sufficiente a sostenere il valore contabile delle loro partecipazioni nelle filiazioni. Se fanno parte di un gruppo assicurativo, tali imprese di investimento piccole e non interconnesse dovrebbero altresì potersi avvalere di un’esenzione dagli obblighi di informativa. (13) Al fine di consentire alle imprese di investimento di continuare a fare affidamento sui fondi propri esistenti per soddisfare i requisiti di fondi propri del quadro prudenziale specifico per le imprese di investimento, la definizione e la composizione dei fondi propri dovrebbero essere allineate al regolamento (UE) n. 575/2013. Ciò comprende deduzioni integrali di voci di bilancio dai fondi propri conformemente al regolamento (UE) n. 575/2013, come ad esempio le attività fiscali differite e le detenzioni di strumenti di capitale di altri soggetti del settore finanziario. Tuttavia, le imprese di investimento dovrebbero poter esentare dalle deduzioni le detenzioni di strumenti di capitale non significative di soggetti del settore finanziario se tali detenzioni sono a fini di negoziazione per sostenere le attività di market-making relative a questi strumenti. Al fine di allineare la composizione dei fondi propri al regolamento (UE) n. 575/2013, i corrispondenti coefficienti dei tipi di fondi propri sono stati rispecchiati nel contesto del presente regolamento. Per garantire che i requisiti siano proporzionati alla natura, portata e complessità delle attività delle imprese di investimento e che siano facilmente accessibili per le imprese di investimento nell’ambito del presente regolamento, la Commissione dovrebbe procedere a un riesame in merito all’opportunità di continuare ad allineare la definizione e la composizione dei fondi propri al regolamento (UE) n. 575/2013. (14) Per fare in modo che le imprese di investimento operino sempre sulla base del livello di fondi propri necessari per la loro autorizzazione, tutte le imprese di investimento dovrebbero soddisfare, in ogni momento, un requisito patrimoniale minimo permanente pari al capitale iniziale necessario per essere autorizzate a prestare i pertinenti servizi di investimento stabilito in conformità della direttiva (UE) 2019/2034. (15) Affinché l’applicazione del requisito di fondi propri minimi da parte delle imprese di investimento piccole e non interconnesse sia semplice, tali imprese dovrebbero disporre di fondi propri pari al requisito patrimoniale minimo permanente o a un quarto delle loro spese fisse generali calcolate sulla base dell’attività dell’anno precedente, a seconda di quale importo sia più elevato. Alle imprese di investimento piccole e non interconnesse che preferiscono esercitare un’ulteriore prudenza ed evitare variazioni repentine e significative («cliff effects») in caso di riclassificazione non dovrebbe essere impedito di detenere fondi propri in eccesso né di applicare misure più rigorose di quelle previste dal presente regolamento. (16) Per tener conto dei rischi maggiori che corrono le imprese di investimento che non sono piccole imprese non interconnesse, il loro requisito di fondi propri minimi dovrebbe corrispondere al valore più elevato tra il requisito patrimoniale minimo permanente, un quarto delle loro spese fisse generali dell’anno precedente e la somma del requisito applicabile in virtù dell’insieme di fattori di rischio adattati alle imprese di investimento («fattori K») che stabilisce il capitale in relazione ai rischi in specifiche aree di business delle imprese di investimento. (17) Le imprese di investimento dovrebbero essere considerate piccole e non interconnesse ai fini dei requisiti prudenziali specifici per le imprese di investimento se non forniscono servizi di investimento che comportano un rischio elevato per i clienti, per i mercati o per se stesse e se, per effetto delle loro dimensioni, hanno meno probabilità di causare effetti negativi di ampia portata per i clienti e i mercati se i rischi inerenti alla loro attività si concretizzano o in caso di fallimento. Di conseguenza, le imprese di investimento piccole e non interconnesse dovrebbero essere definite come imprese che non negoziano per conto proprio o non si espongono a rischi derivanti dalla negoziazione degli strumenti finanziari, non detengono attività o denaro dei clienti, dispongono di attività inferiori a 1,2 miliardi di EUR sia nell’ambito della gestione discrezionale del portafoglio che nell’ambito di accordi non discrezionali (consulenza), gestiscono ogni giorno ordini dei clienti per meno di 100 milioni di EUR per le operazioni a pronti o ordini dei clienti per meno di 1 miliardo di EUR per gli strumenti derivati, e hanno uno stato patrimoniale inferiore a 100 milioni di EUR, compresi gli elementi fuori bilancio, e ricavi totali lordi annuali derivanti dai loro servizi di investimento inferiori a 30 milioni di EUR. (18) Al fine di prevenire l’arbitraggio regolamentare e ridurre gli incentivi per le imprese di investimento a strutturare le loro operazioni per evitare di superare le soglie al di sopra delle quali non si qualificano come imprese di investimento piccole e non interconnesse, le soglie per le attività gestite, gli ordini dei clienti trattati, l’entità dello stato patrimoniale e i ricavi totali lordi annuali dovrebbero essere applicate in modo combinato per tutte le imprese di investimento che fanno parte dello stesso gruppo. Le altre condizioni, ossia se l’impresa di investimento detiene denaro dei clienti, amministra o salvaguarda le attività dei clienti o negozia strumenti finanziari ed è esposta a rischi di mercato o di controparte, sono binari e non lasciano spazio a una tale ristrutturazione; essi dovrebbero pertanto essere valutati su base individuale. Al fine di tener conto dell’evoluzione dei modelli imprenditoriali e di quantificare i rischi che rappresentano su base continuativa, tali condizioni e soglie dovrebbero essere valutate alla fine di ogni giornata tranne nel caso della detenzione di denaro dei clienti, che dovrebbero essere valutati su base infragiornaliera, e nel caso dell’entità dello stato patrimoniale e dei ricavi totali lordi annuali, che dovrebbero essere valutati in base allo stato dell’impresa di investimento al termine dell’ultimo esercizio finanziario. (19) Le imprese di investimento che superano le soglie regolamentari o non soddisfano le altre condizioni non dovrebbero essere considerate piccole e non interconnesse e dovrebbero essere soggette ai requisiti per le altre imprese di investimento, fatte salve le specifiche disposizioni transitorie previste dal presente regolamento. Ciò dovrebbe incoraggiare le imprese di investimento a pianificare le loro attività in modo tale da qualificarsi come imprese di investimento piccole e non interconnesse. Per le imprese di investimento che non soddisfano i requisiti per essere considerate piccole e non interconnesse e beneficiare quindi di tale trattamento dovrebbe essere prevista una fase di monitoraggio in cui verificare che l’impresa di investimento soddisfi le condizioni e resti al di sotto delle soglie pertinenti per almeno sei mesi consecutivi. (20) Tutte le imprese di investimento dovrebbero calcolare il loro requisito di fondi propri con riferimento a una serie di fattori K che riflettono il rischio per il cliente (Risk-To-Client, «RtC»), il rischio per il mercato (Risk-to-Market, «RtM») e il rischio per l’impresa (Risk-to-Firm, «RtF»). I fattori K RtC riflettono le attività gestite dei clienti e la consulenza continuativa (K-AUM), il denaro dei clienti detenuto (K-CMH), le attività salvaguardate e gestite (K-ASA) e gli ordini dei clienti trattati (K-COH). (21) Il fattore K RtM riflette il rischio di posizione netta (K-NPR) conformemente alle disposizioni sul rischio di mercato del regolamento (UE) n. 575/2013 o, ove autorizzato dall’autorità competente per determinati tipi di imprese di investimento che negoziano per conto proprio tramite partecipanti diretti, sulla base dei margini totali richiesti da un partecipante diretto di un’impresa di investimento (K-CMG). Le imprese di investimento dovrebbero avere la possibilità di applicare contemporaneamente il K-NPR e il K-CMG in base al portafoglio. (22) I fattori K RtF riflettono l’esposizione di un’impresa di investimento al default delle controparti della negoziazione (K-TCD) conformemente alle disposizioni semplificate per il rischio di controparte basate sul regolamento (UE) n. 575/2013, il rischio di concentrazione connesso alle grandi esposizioni di un’impresa di investimento verso determinate controparti in base alle disposizioni di tale regolamento che si applicano alle grandi esposizioni nel portafoglio di negoziazione (K-CON) e i rischi operativi derivanti dal flusso di negoziazione giornaliero di un’impresa di investimento (K-DTF). (23) Il requisito di fondi propri complessivi in virtù dei fattori K corrisponde alla somma dei requisiti dei fattori K RtC, RtM e RtF. K-AUM, K-ASA, K-CMH, K-COH e K-DTF si riferiscono al volume di attività di ciascun fattore K. I volumi per K-CMH, K-ASA e K-DTF sono calcolati sulla base di una media mobile dei nove mesi precedenti. Il volume per K-COH è calcolato sulla base di una media mobile dei sei mesi precedenti, mentre per K-AUM è calcolato sulla base dei 15 mesi precedenti. Per determinare il requisito di fondi propri, i volumi sono moltiplicati per i corrispondenti coefficienti fissati nel presente regolamento. I requisiti di fondi propri per K-NPR derivano dal regolamento (UE) n. 575/2013, mentre i requisiti patrimoniali per K-CON e K-TCD utilizzano un’applicazione semplificata dei requisiti corrispondenti di cui a tale regolamento rispettivamente per il trattamento delle grandi esposizioni del portafoglio di negoziazione e per il trattamento del rischio di controparte. L’importo di un fattore K è pari a zero se l’impresa di investimento non svolge l’attività pertinente. (24) I fattori K RtC sono approssimazioni che coprono le aree di business delle imprese di investimento che potrebbero arrecare danni ai clienti in caso di problemi. K-AUM riflette il rischio di danno ai clienti derivante da un’errata gestione discrezionale dei portafogli dei clienti o dalla cattiva esecuzione e fornisce garanzie e vantaggi per i clienti in termini di continuità del servizio, continuità della gestione dei portafogli e consulenza in materia di investimenti. K-ASA riflette il rischio di salvaguardia e amministrazione delle attività dei clienti e garantisce che le imprese di investimento detengano capitale in misura proporzionale ai saldi corrispondenti, indipendentemente dal fatto che le attività figurino nel loro stato patrimoniale o su conti di terzi. K-CMH riflette il rischio di danno potenziale quando un’impresa di investimento detiene denaro dei propri clienti, tenendo conto del fatto che sia detenuto sul suo stato patrimoniale o su conti di terzi e che disposizioni del diritto nazionale applicabile prevedano che il denaro dei clienti sia salvaguardato in caso di fallimento, insolvenza, avvio della procedura di risoluzione o amministrazione controllata dell’impresa di investimento. K-CMH esclude il denaro dei clienti depositato su un conto bancario (depositario) a nome del cliente stesso, se l’impresa di investimento ha accesso al denaro dei clienti mediante un mandato a terzi. K-COH riflette il rischio potenziale per i clienti di un’impresa di investimento che esegue gli ordini (a nome del cliente e non dell’impresa di investimento stessa), ad esempio nell’ambito di servizi di sola esecuzione forniti ai clienti o se un’impresa di investimento fa parte di una catena per gli ordini dei clienti. (25) Il fattore K RtM per le imprese di investimento che negoziano per conto proprio è basato sulle norme per il rischio di mercato relativo alle posizioni in strumenti finanziari, in valuta estera e in merci conformemente al regolamento (UE) n. 575/2013. Ciò consente alle imprese di investimento di scegliere di applicare il metodo standardizzato, il metodo standardizzato alternativo di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 o l’opzione di utilizzare modelli interni, una volta che questi ultimi due metodi diventino applicabili agli enti creditizi non solo a fini di segnalazione ma anche ai fini dei requisiti di fondi propri. Nel frattempo, e almeno nei cinque anni successivi alla data di applicazione del presente regolamento, ai fini del calcolo del loro K-NPR le imprese di investimento dovrebbero applicare il quadro dei rischi di mercato (metodo standardizzato o, se del caso, modelli interni) del regolamento (UE) n. 575/2013. Se le disposizioni di cui alla parte tre, titolo IV, capi 1 bis e 1 ter, del regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/876 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) non diventano applicabili agli enti creditizi ai fini dei requisiti di fondi propri, le imprese di investimento dovrebbero continuare ad applicare i requisiti di cui alla parte tre, titolo IV, del regolamento (UE) n. 575/2013 ai fini del calcolo del K-NPR. In alternativa, il requisito dei fondi propri delle imprese di investimento che negoziano strumenti finanziari con posizioni soggette a compensazione può, previa approvazione dell’autorità competente e subordinatamente a determinate condizioni, corrispondere all’importo dei margini totali richiesti dal loro partecipante diretto, moltiplicato per un moltiplicatore fisso. L’uso del K-CMG dovrebbe fondarsi principalmente sull’attività di negoziazione di un’impresa di investimento che rientra interamente o nella sostanza nell’ambito di tale metodo. Tuttavia, l’autorità competente dell’impresa di investimento può anche autorizzare l’impresa di investimento a ricorrere parzialmente al metodo K-CMG, purché tale metodo sia utilizzato per tutte le posizioni che sono soggette a compensazione o a marginazione e sia applicato uno dei tre metodi alternativi per il K-NPR per portafogli che non sono soggetti a compensazione. Per garantire che i requisiti siano proporzionati alla natura, portata e complessità delle attività delle imprese di investimento e che siano facilmente accessibili per le imprese di investimento nell’ambito del presente regolamento, qualsiasi riesame che abbia luogo successivamente in merito all’applicazione dei metodi di calcolo dei fattori K dovrebbe soffermarsi anche sull’opportunità di continuare ad allineare il calcolo del KNPR alle norme per il rischio di mercato relativo alle posizioni del portafoglio di negoziazione in strumenti finanziari, in valuta estera e in merci conformemente al regolamento (UE) n. 575/2013. (26) Per le imprese di investimento che negoziano per conto proprio, i fattori K per K-TCD e K-CON RtF costituiscono un’applicazione semplificata delle norme del regolamento (UE) n. 575/2013 concernenti, rispettivamente, il rischio di controparte e il rischio di grandi esposizioni. K-TCD riflette il rischio per l’impresa di investimento posto dalle controparti in derivati negoziati fuori borsa (derivati OTC), operazioni di vendita con patto di riacquisto, operazioni di concessione e di assunzione di titoli o di merci in prestito, operazioni con regolamento a lungo termine, finanziamenti con margini, qualsiasi altra operazione di finanziamento tramite titoli, così come dai beneficiari di prestiti concessi da un’impresa di investimento a titolo accessorio nell’ambito di un servizio di investimento che non rispettino i loro obblighi, moltiplicando il valore delle esposizioni, basato sul costo di sostituzione e una maggiorazione per l’esposizione potenziale futura, per fattori di rischio basati sul regolamento (UE) n. 575/2013, tenendo conto degli effetti di attenuazione derivanti dalla compensazione effettiva e dallo scambio di garanzie reali. Al fine di allineare ulteriormente il trattamento del rischio di controparte al regolamento (UE) n. 575/2013, dovrebbe essere aggiunto anche un moltiplicatore fisso di 1,2 e un moltiplicatore per l’aggiustamento della valutazione del credito allo scopo di rispecchiare il valore di mercato corrente del rischio di controparte nei confronti dell’impresa di investimento in operazioni specifiche. K-CON riflette il rischio di concentrazione rispetto a controparti singole o strettamente connesse del settore privato verso le quali le imprese hanno esposizioni che superano il 25 % dei loro fondi propri, o altre soglie specifiche in relazione agli enti creditizi o ad altre imprese di investimento, mediante l’imposizione di una maggiorazione del capitale in linea con il regolamento (UE) n. 575/2013 per esposizioni eccedenti tali limiti. Infine, K-DTF riflette i rischi operativi per un’impresa di investimento sui grandi volumi di negoziazioni concluse per proprio conto o per conto dei clienti a nome proprio in un giorno che potrebbero derivare dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di processi, risorse umane e sistemi interni oppure da eventi esterni, sulla base del valore nozionale delle negoziazioni giornaliere, corretto per la vita residua dei derivati su tassi di interesse, al fine di limitare gli aumenti dei requisiti di fondi propri, in particolare per i contratti a breve termine in cui i rischi operativi percepiti sono inferiori. (27) Tutte le imprese di investimento dovrebbero monitorare e controllare il loro rischio di concentrazione, anche nei confronti dei clienti. Tuttavia, solo le imprese di investimento soggette a un requisito minimo di fondi propri in virtù dei fattori K dovrebbero riferire alle autorità competenti in merito al proprio rischio di concentrazione. Per le imprese di investimento specializzate in derivati su merci, quote di emissioni o derivati su quote di emissioni con grandi esposizioni concentrate verso le controparti non finanziarie ai quali appartengono, i limiti per il rischio di concentrazione possono essere superati senza capitale aggiuntivo a titolo del K-CON purché le esposizioni servano a fini commerciali, di tesoreria o di gestione del rischio. (28) Tutte le imprese di investimento dovrebbero prevedere procedure interne per il monitoraggio e la gestione dei rispettivi requisiti di liquidità. Tali procedure sono intese a contribuire a un funzionamento ordinato nel tempo delle imprese di investimento, senza la necessità di mettere da parte liquidità appositamente per i periodi di stress. A tal fine, tutte le imprese di investimento dovrebbero detenere in qualsiasi momento almeno un terzo delle spese fisse generali in attività liquide. Tuttavia, le autorità competenti dovrebbero poter esentare da tale requisito le imprese di investimento piccole e non interconnesse. Tali attività liquide dovrebbero essere di elevata qualità e allineate a quelle elencate nel regolamento delegato (UE) 2015/61 della Commissione (9), come pure ai coefficienti di scarto (haircut) che si applicano a tali attività a norma del suddetto regolamento delegato. Per tenere conto della differenza dei profili di liquidità delle imprese di investimento rispetto a quelli degli enti creditizi, l’elenco delle attività liquide appropriate dovrebbe essere integrato dal contante e dai depositi a breve termine non vincolati dell’impresa di investimento (che non dovrebbero includere il denaro dei clienti o gli strumenti finanziari appartenenti ai clienti) e da determinati strumenti finanziari per cui esiste un mercato liquido. Le imprese di investimento piccole e non interconnesse e le imprese di investimento che non sono autorizzate a svolgere attività di negoziazione o di assunzione a fermo, se non sono esenti dai requisiti di liquidità, potrebbero comprendere anche elementi relativi a crediti commerciali e onorari o commissioni da ricevere entro 30 giorni come attività liquide, purché tali elementi non siano superiori a un terzo del requisito minimo di liquidità, non se ne tenga conto ai fini dei requisiti aggiuntivi di liquidità imposti dall’autorità competente e siano soggetti a un coefficiente di scarto del 50 %. In situazioni eccezionali le imprese di investimento dovrebbero essere autorizzate a scendere al di sotto della soglia prevista monetizzando le attività liquide per coprire i requisiti di liquidità, purché lo notifichino immediatamente all’autorità competente. Tutte le garanzie finanziarie fornite ai clienti che, se attivate, possono dar luogo a un aumento del fabbisogno di liquidità dovrebbero ridurre l’importo delle attività liquide disponibili almeno dell’1,6 % del valore totale di tali garanzie. Per garantire che i requisiti siano proporzionati alla natura, portata e complessità delle attività delle imprese di investimento e che siano facilmente accessibili per le imprese di investimento nell’ambito del presente regolamento, si dovrebbe successivamente procedere a un riesame in merito all’adeguatezza delle attività liquide che sono ammissibili ai fini della conformità al requisito minimo di liquidità, compreso il continuo allineamento alle attività liquide elencate nel regolamento delegato (UE) 2015/61, come pure ai coefficienti di scarto che si applicano a tali attività a norma del suddetto regolamento delegato. (29) Insieme al nuovo regime prudenziale dovrebbe essere sviluppato un corrispondente quadro normativo proporzionato per le segnalazioni, che dovrebbe essere opportunamente adattato all’attività svolta dalle imprese di investimento e ai requisiti del quadro prudenziale. Gli obblighi di segnalazione per le imprese di investimento dovrebbero riguardare il livello e la composizione dei fondi propri, i requisiti di fondi propri, la base per il calcolo dei requisiti di fondi propri, il profilo di attività e le dimensioni in relazione ai parametri utilizzati per valutare se le imprese di investimento sono piccole e non interconnesse, i requisiti di liquidità e il rispetto delle disposizioni in materia di rischio di concentrazione da parte delle stesse imprese. Le imprese di investimento piccole e non interconnesse dovrebbero essere esenti dall’obbligo di segnalazione del rischio di concentrazione e dovrebbero essere tenute a riferire in merito ai requisiti di liquidità solo quando questi sono ad esse applicabili. L’autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) istituita dal regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) (ABE) dovrebbe elaborare progetti di norme tecniche di attuazione per specificare ulteriormente i dettagli dei modelli e delle modalità per le segnalazioni regolamentari e per specificare i modelli per la divulgazione dei fondi propri. Tali norme tecniche dovrebbero essere proporzionate alle dimensioni e alla complessità delle diverse imprese di investimento e dovrebbero tenere conto, in particolare, del fatto che le imprese di investimento siano considerate o meno piccole e non interconnesse. (30) Al fine di garantire la trasparenza nei confronti degli investitori e —più in generale — dei mercati, le imprese di investimento che non sono considerate piccole e non interconnesse dovrebbero rendere pubblici i loro livelli di fondi propri, requisiti di fondi propri, sistemi di governance e politiche e prassi di remunerazione. Le imprese di investimento piccole e non interconnesse non dovrebbero essere soggette a obblighi di informativa al pubblico, salvo nei casi in cui emettono strumenti aggiuntivi di classe 1 al fine di garantire la trasparenza per chi investe in questi strumenti. (31) Le imprese di investimento dovrebbero applicare politiche di remunerazione neutrali rispetto al genere, conformemente al principio di cui all’articolo 157 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). È opportuno chiarire alcuni aspetti delle informative in materia di remunerazione. Gli obblighi di informativa relativi alla remunerazione stabiliti nel presente regolamento dovrebbero essere compatibili con gli obiettivi delle norme in materia di remunerazione, ovvero istituire e mantenere, per le categorie di personale le cui attività professionali hanno un impatto rilevante sul profilo di rischio delle imprese di investimento, politiche e prassi di remunerazione che siano coerenti con una gestione efficace del rischio. Inoltre le imprese di investimento che beneficiano di una deroga a determinate norme in materia di remunerazione dovrebbero essere tenute a comunicare le informazioni relative a tale deroga. (32) Al fine di facilitare una transizione agevole per le imprese di investimento dai requisiti del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE ai requisiti previsti dal presente regolamento e dalla direttiva (UE) 2019/2034, è opportuno prevedere opportune misure transitorie. In particolare, per cinque anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, le imprese di investimento per le quali i requisiti di fondi propri previsti dal presente regolamento risulterebbero più che raddoppiati rispetto ai loro requisiti di fondi propri ai sensi del regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE dovrebbero poter attenuare gli effetti dei potenziali aumenti limitando il requisito di fondi propri al doppio del requisito di fondi propri pertinente stabilito a norma del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE. (33) Al fine di non svantaggiare le nuove imprese di investimento con profili analoghi a quelli delle imprese di investimento esistenti, per cinque anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento le imprese di investimento mai sottoposte a requisiti di fondi propri a norma del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE dovrebbero poter limitare i loro requisiti di fondi propri previsti dal presente regolamento al doppio del requisito risultante dalle loro spese fisse generali. (34) Allo stesso modo, per cinque anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, le imprese di investimento per le quali il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE prevedono soltanto un requisito di capitale iniziale e per le quali i requisiti di fondi propri previsti dal presente regolamento risulterebbero più che doppi rispetto a quanto avverrebbe in applicazione del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE dovrebbero poter limitare il loro requisito di fondi propri previsto dal presente regolamento al doppio del requisito di capitale iniziale previsto dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE, ad eccezione delle imprese locali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto 2), del regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/876, che dovrebbero essere soggette a un requisito di fondi propri transitorio specifico che ne rifletta il maggiore livello di rischio. Ai fini della proporzionalità è opportuno prevedere requisiti di fondi propri transitori specifici per le imprese di investimento più piccole e per le imprese che erogano una gamma limitata di servizi di investimento nel caso in cui esse non beneficino delle limitazione del requisito di fondi propri ai sensi del presente regolamento al doppio del requisito di capitale iniziale previsto dal regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/630 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), e dalla direttiva 2013/36/UE, come modificata dalla direttiva (UE) 2019/878 del Parlamento europeo e del Consiglio (12), il cui requisito di fondi propri vincolante previsto dal presente regolamento, tuttavia, aumenti rispetto a quanto avverrebbe in applicazione del regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/630. (35) Dette misure transitorie dovrebbero, se del caso, essere disponibili anche per le imprese di investimento di cui all’articolo 498 del regolamento (UE) n. 575/2013, che esonera tali imprese di investimento dai requisiti di fondi propri di cui al suddetto regolamento, mentre i requisiti di capitale iniziale relativi a tali imprese di investimento dipendono dai servizi di investimento che forniscono o dalle attività di investimento che svolgono. Per cinque anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, i loro requisiti di fondi propri previsti dalle disposizioni transitorie del presente regolamento dovrebbero essere calcolati in considerazione di tali livelli applicabili. (36) Per cinque anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento o fino alla data di applicazione delle modifiche adottate al regolamento (UE) n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda i requisiti di fondi propri per il rischio di mercato a norma della parte tre, titolo IV, capi 1 bis e 1 ter del regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/876, se quest’ultima data è posteriore, le imprese di investimento soggette alle corrispondenti disposizioni del presente regolamento dovrebbero continuare a calcolare il loro requisito di fondi propri per il portafoglio di negoziazione in conformità del regolamento (UE) n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/630. (37) Le grandi imprese di investimento che forniscono importanti servizi bancari d’investimento e sul mercato all’ingrosso (negoziazione per conto proprio in strumenti finanziari, assunzione a fermo di strumenti finanziari o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile) hanno modelli di business e profili di rischio analoghi a quelli degli enti creditizi significativi. Le attività che svolgono le espongono al rischio di credito, principalmente sotto forma di rischio di controparte, come pure al rischio di mercato per le posizioni assunte per conto proprio, siano esse relative ai clienti oppure no. Esse rappresentano pertanto un rischio per la stabilità finanziaria, tenuto conto delle loro dimensioni e della loro importanza sistemica. (38) Le grandi imprese di investimento di cui sopra pongono difficoltà supplementari per la loro effettiva vigilanza prudenziale da parte delle autorità nazionali competenti. Anche se le imprese di investimento più grandi forniscono servizi bancari di investimento transfrontalieri su vasta scala, in quanto imprese di investimento sono soggette a vigilanza prudenziale da parte delle autorità designate a norma della direttiva 2014/65/UE, che non sono necessariamente le stesse autorità competenti designate a norma della direttiva 2013/36/UE. Ciò può comportare una disparità nell’applicazione all’interno dell’Unione del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE e impedisce alle autorità di vigilanza di ottenere una prospettiva prudenziale complessiva, che è essenziale per affrontare in modo efficace i rischi associati alle grandi imprese di investimento transfrontaliere. Di conseguenza, la vigilanza prudenziale può rivelarsi meno efficace e può anche falsare la concorrenza nell’Unione. Alle grandi imprese di investimento dovrebbe pertanto essere accordato lo status di enti creditizi, in modo da creare sinergie in relazione alla vigilanza sulle attività transfrontaliere del mercato all’ingrosso in un gruppo di pari, promuovendo la parità di condizioni e consentendo una vigilanza uniforme nei vari gruppi. (39) Dette imprese di investimento, in virtù dell’acquisizione dello status di enti creditizi, dovrebbero pertanto continuare a essere soggette al regolamento (UE) n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36/UE e alla vigilanza delle autorità competenti — compresa la Banca centrale europea nel quadro del meccanismo di vigilanza unico — incaricate di vigilare sugli enti creditizi. Ciò garantirebbe l’attuazione coerente ed efficace della vigilanza prudenziale e l’applicazione uniforme del codice unico europeo per i servizi finanziari a tutti gli enti creditizi in considerazione della loro importanza sistemica. Al fine di prevenire l’arbitraggio regolamentare e ridurre i rischi di elusione, le autorità competenti dovrebbero sforzarsi di evitare le situazioni in cui gruppi potenzialmente sistemici strutturino le proprie operazioni in modo tale da non superare le soglie di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1), lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eludere l’obbligo di richiedere l’autorizzazione in qualità di enti creditizi a norma dell’articolo 8 bis della direttiva 2013/36/UE. (40) Le grandi imprese di investimento convertite in enti creditizi dovrebbero essere autorizzate a raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concedere crediti per proprio conto solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione per tali attività in conformità della direttiva 2013/36/UE. Lo svolgimento di tutte queste attività, compresa la raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili dal pubblico e la concessione di crediti per proprio conto, non dovrebbe costituire un requisito necessario affinché le imprese siano considerate enti. La modifica della definizione di ente creditizio introdotta dal presente regolamento non dovrebbe pertanto pregiudicare i regimi nazionali di autorizzazione attuati dagli Stati membri conformemente alle direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/2034, comprese eventuali disposizioni che gli Stati membri possono ritenere opportune al fine di chiarire le attività che le grandi imprese di investimento che rientrano nella definizione modificata di enti creditizi possono esercitare. (41) Inoltre, la vigilanza degli enti creditizi su base consolidata mira a garantire, tra l’altro, la stabilità del sistema finanziario e, per essere efficace, dovrebbe essere applicata a tutti i gruppi, compresi quelli le cui imprese madri non sono enti creditizi o imprese di investimento. Pertanto tutti gli enti creditizi, compresi quelli che in precedenza avevano lo status di imprese di investimento, dovrebbero essere soggetti alle norme in materia di vigilanza individuale e consolidata dell’impresa madre da parte delle autorità competenti a norma del titolo VII, capo 3, sezione I, della direttiva 2013/36/UE. (42) Inoltre, è possibile che le grandi imprese di investimento che non rivestono un’importanza sistemica ma che negoziano per conto proprio o assumono a fermo strumenti finanziari o collocano strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile abbiano ancora modelli imprenditoriali e profili di rischio analoghi a quelli degli altri enti sistemici. Tenuto conto delle loro dimensioni e delle loro attività, è possibile che tali grandi imprese di investimento presentino alcuni rischi per la stabilità finanziaria e, sebbene la loro conversione in enti creditizi non sia ritenuta opportuna alla luce della loro natura e complessità, dovrebbero rimanere soggette allo stesso trattamento prudenziale di tali enti creditizi. Al fine di prevenire l’arbitraggio regolamentare e ridurre i rischi di elusione, le autorità competenti dovrebbero anche sforzarsi di evitare le situazioni in cui le imprese di investimento strutturano le loro operazioni in modo da non superare la soglia di 15 miliardi di EUR correlata al valore totale delle attività a livello individuale o di gruppo o da limitare indebitamente la discrezionalità delle autorità competenti di sottoporre le imprese di investimento ai requisiti del regolamento (UE) n. 575/2013 e subordinarle al rispetto dei requisiti prudenziali stabiliti nella direttiva 2013/36/UE, conformemente all’articolo 5 della direttiva (UE) 2019/2034. (43) Il regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) ha introdotto un regime armonizzato dell’Unione per la concessione dell’accesso per le imprese di paesi terzi che forniscono servizi di investimento a controparti qualificate e clienti professionali stabiliti nell’Unione o svolgono per essi attività di investimento. L’accesso al mercato interno è subordinato all’adozione da parte della Commissione di una decisione di equivalenza e alla registrazione dell’impresa del paese terzo da parte dell’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del parlamento europeo e del Consiglio (14) (ESMA). È importante che la valutazione dell’equivalenza sia effettuata sulla base della pertinente normativa dell’Unione applicabile e che siano predisposti strumenti efficaci per verificare che sussistano le condizioni alle quali è concessa l’equivalenza. Per tali motivi, le imprese registrate di paesi terzi dovrebbero essere tenute a comunicare annualmente all’ESMA le informazioni riguardanti l’ampiezza e la portata dei servizi forniti e delle attività svolte nell’Unione. Dovrebbe essere inoltre migliorata la cooperazione in materia di vigilanza per quanto riguarda il monitoraggio, l’attuazione e il rispetto delle condizioni di equivalenza. (44) Al fine di garantire condizioni di parità e promuovere la trasparenza del mercato dell’Unione, è opportuno modificare il regolamento (UE) n. 600/2014 per assoggettare le quotazioni, i miglioramenti del prezzo e i prezzi di esecuzione degli internalizzatori sistematici al regime in materia di dimensioni dei tick di negoziazione per le negoziazioni di qualsiasi dimensione. Di conseguenza, le norme tecniche di regolamentazione attualmente applicabili relative al regime in materia di dimensioni dei tick di negoziazione dovrebbero applicarsi anche all’ambito di applicazione ampliato del regolamento (UE) n. 600/2014. (45) Per garantire la tutela degli investitori e l’integrità e la stabilità dei mercati finanziari nell’Unione, la Commissione, nell’adottare una decisione di equivalenza, dovrebbe tener conto dei rischi potenziali posti dai servizi e dalle attività che le imprese di paesi terzi potrebbero svolgere nell’Unione a seguito di tale decisione. La loro importanza sistemica dovrebbe essere considerata sulla base di criteri quali l’ampiezza e la portata probabili della fornitura dei servizi e dello svolgimento delle attività da parte delle imprese del paese terzo in questione. Allo stesso fine, la Commissione dovrebbe poter tener conto del fatto che il paese terzo sia identificato come giurisdizione non cooperativa ai fini fiscali ai sensi della pertinente politica dell’Unione o come paese ad alto rischio a norma dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio (15). La Commissione dovrebbe considerare equivalenti i requisiti prudenziali, organizzativi e in materia di norme di comportamento specifici solo quando viene ottenuto lo stesso effetto. La Commissione dovrebbe inoltre poter adottare, se del caso, decisioni di equivalenza limitate a servizi e attività specifici o categorie di servizi e attività elencate nell’allegato I, sezione A, della direttiva 2014/65/UE. (46) L’ABE, con la partecipazione dell’ESMA, ha pubblicato una relazione basata su un’analisi approfondita, la raccolta di dati e una consultazione su un regime prudenziale su misura per tutte le imprese di investimento non sistemiche che funge da base per il quadro prudenziale riveduto per le imprese di investimento. (47) Al fine di garantire l’applicazione armonizzata del presente regolamento, l’ABE dovrebbe elaborare norme tecniche di regolamentazione per specificare la portata e i metodi per il consolidamento prudenziale dei gruppi di imprese di investimento, il calcolo delle spese fisse generali, la misurazione dei fattori K, specificando il concetto di conti segregati in relazione ai fondi dei clienti, adeguando i coefficienti per il K-DTF in caso di condizioni di stress del mercato, il calcolo per stabilire i requisiti di fondi propri pari al margine totale richiesto dai partecipanti diretti, i modelli per le comunicazioni al pubblico, anche per quanto riguarda le relazioni sugli investimenti delle imprese di investimento, le informazioni normative richieste a norma del presente regolamento e le informazioni da fornire alle autorità competenti in relazione alle soglie per richiedere l’autorizzazione quale ente creditizio. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di integrare il presente regolamento adottando le norme tecniche di regolamentazione elaborate dall’ABE mediante atti delegati a norma dell’articolo 290 TFUE e conformemente agli articoli da 10 a 14 del regolamento (UE) n. 1093/2010. La Commissione e l’ABE dovrebbero garantire che tali norme tecniche di regolamentazione possano essere applicate da tutte le imprese di investimento interessate in modo proporzionato alla natura, alle dimensioni e alla complessità di tali imprese di investimento e delle loro attività (48) La Commissione dovrebbe inoltre avere il potere di adottare le norme tecniche di attuazione elaborate dall’ABE e dall’ESMA mediante atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE e conformemente all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1093/2010 e all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1095/2010. (49) Al fine di assicurare l’applicazione uniforme del presente regolamento e tener conto dell’evoluzione dei mercati finanziari, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE per integrare il presente regolamento chiarendo le definizioni contenute nel presente regolamento. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (16) del 13 aprile 2016. In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati. (50) Per garantire la certezza del diritto ed evitare sovrapposizioni tra l’attuale quadro prudenziale applicabile sia agli enti creditizi che alle imprese di investimento e il presente regolamento, il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE dovrebbero essere modificati al fine di escludere dal loro ambito di applicazione le imprese di investimento. Tuttavia, le imprese di investimento facenti parte di gruppi bancari dovrebbero rimanere soggette alle disposizioni del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE che riguardano i gruppi bancari, quali le disposizioni sull’impresa madre nell’UE intermedia di cui all’articolo 21 ter della direttiva 2013/36/UE, e alle norme sul consolidamento prudenziale di cui alla parte uno, titolo II, capo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013. (51) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la creazione di un quadro prudenziale efficace e proporzionato che garantisca che le imprese di investimento autorizzate ad operare all’interno dell’Unione abbiano una solida base finanziaria e siano gestite in modo ordinato, anche - se del caso - nel migliore interesse dei loro clienti, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
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I vigenti regimi prudenziali previsti dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE sono basati in larga misura sulle successive versioni delle norme di regolamentazione internazionali stabilite per i grandi gruppi bancari dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, affrontano solo parzialmente i rischi specifici connessi alle diverse attività di un gran numero di imprese di investimento. Le vulnerabilità e i rischi specifici propri di tali imprese di investimento dovrebbero pertanto essere appositamente affrontati tramite meccanismi prudenziali adeguati e proporzionati a livello dell’Unione.
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Requisiti prudenziali solidi sono parte integrante delle condizioni regolamentari in base alle quali gli enti finanziari forniscono servizi nell’Unione. Le imprese di investimento, insieme agli enti creditizi, sono soggette al regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e alla direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) per quanto riguarda il trattamento e la vigilanza prudenziali, mentre la loro autorizzazione e altri requisiti in materia di organizzazione e di norme di comportamento sono stabiliti dalla direttiva 2014/65/UE del Parlamento e del Consiglio (6).
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